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In Calabria dicono bella. Indagini sul parlato giovanile di Reggio Calabria di Maria Silvia Rati

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(Foto di Adriana Sapone)

2013-07-23-Presentazione-libro-Rati-tavoloVenerdì 19 luglio 2013 alle ore 11 nell'Aula Magna dell'Università Dante Alighieri di Reggio Calabria è stato presentato il libro In Calabria dicono bella. Indagini sul parlato giovanile di Reggio Calabria di Maria Silvia Rati, ricercatrice e docente di Linguistica italiana presso la Facoltà di Scienze della società e della formazione d'area mediterranea della stessa Università. Il volume contiene una prefazione di Luca Serianni,  Professore ordinario di Linguistica italiana all'Università “Sapienza” di Roma, Accademico della Crusca e Accademico dei Lincei, conosciuto, tra l'altro, per la sua Grammatica italiana (UTET) e autore, di recente, di Leggere, scrivere, argomentare (Laterza), un libro sulla scrittura argomentativa rivolto ai docenti di italiano. Alla scuola di Luca Serianni si è formata l'autrice, la quale, secondo le parole del Rettore della Dante Alighieri, Prof. Salvatore Berlingò, “ha dato concretezza, con il suo insegnamento e la sua ricerca in questa università, al magistero dell'Accademico”.


       In Calabria dicono bella – frutto di tre anni di ricerche sul linguaggio dei giovani di Reggio Calabria condotte con i metodi della sociolinguistica – allude, nel titolo, a un saluto tipicamente giovanile, bella, inizialmente circolante solo fra i giovani romani e poi diffusosi, attraverso la lingua della canzone rap, in tutta Italia. Di là dai tipi di saluto che i giovani reggini sono soliti rivolgersi tra di loro e dai dati linguistici contenuti nel volume, le tematiche affrontate – come evidenziato dalle Autorità e dagli specialisti intervenuti alla presentazione (come il Dott. Giuseppe Bova, Presidente del Comitato della Società Dante Alighieri di Reggio Calabria; era presente anche il Prefetto Vincenzo Panico) – sollevano questioni di immediata attualità che investono non solo gli àmbiti specialistici oggetto di studio della Linguistica italiana, ma anche alcune importanti dinamiche sociali osservabili a livello locale e nazionale. Su tutti il problema del plurilinguismo, da intendersi non solo come coesistenza di italiano e dialetti nel parlato degli italiani, ma anche e soprattutto come varietà di lingue comunitarie ed extracomunitarie, in conseguenza della crescente immigrazione che interessa il nostro Paese. In particolare, come ha affermato il Rettore, “va sempre più valorizzata la ricchezza linguistica presente sul nostro territorio, attesa la lunga storia della coesistenza in esso di tante lingue diverse”. A giudizio di Berlingò “risulta particolarmente apprezzabile” quel che è sostenuto in un recente documento dell'Accademia della Crusca, in cui si sostiene che conoscere e usare più lingue è fattore di ricchezza: ciò è “assolutamente in armonia con la mission propostasi dall'Università Dante Alighieri a favore di iniziative concrete di formazione e di aggiornamento degli insegnanti nel campo della Linguistica italiana e delle Scienze del linguaggio da estendere agli operatori culturali che agiscono nel delicato e complesso mondo dell'immigrazione”.

2013-07-23-Presentazione-libro-Rati-pubblico       Di ricchezza linguistica nell'area reggina si può parlare anche a proposito della vivacità dei dialetti, ancora ben radicati soprattutto nei centri abitati più isolati e periferici. Su questo tema si è soffermata, partendo da quanto è scritto nel volume della Rati, un'altra illustre personalità intervenuta alla presentazione: la Prof.ssa Mari D'Agostino, ordinario di Linguistica italiana all'Università di Palermo, nonché una delle più note sociolinguiste italiane (suo è il manuale Sociolinguistica dell'Italia contemporanea, il Mulino). Secondo la D'Agostino va a tutti i costi eliminata la cosiddetta “vergogna del dialetto”, spesso responsabile, tra l'altro, di quell'ansia linguistica che crea, negli italiani, tendenziali difficoltà nell'apprendimento delle lingue straniere. In Calabria dicono bella – rileva la D'Agostino – rende evidente come in alcuni piccoli paesi (per esempio Trunca e Samo, dove si sono svolte alcune delle indagini raccolte nel volume) i giovani ricorrano abbondantemente al dialetto non perché non conoscono l'italiano, ma perché scelgono uno dei diversi codici che arricchiscono il loro bagaglio linguistico. Citando ancora le parole del Rettore Berlingò, “la Rati ha contribuito a ridare l'orgoglio, ingiustamente compromesso, al corrente flusso linguistico dei giovani di Reggio, non già per indurli a ripiegarsi su sé stessi, bensì ad acquisire consapevolezza del valore identificativo e altresì relazionale di ogni parlata, e quindi della sua virtualità universale, soprattutto se si tratta della parlata che ha come ascendente quel volgare illustre germinato dalla curia di Federico II, che era insediata di qua e di là dal Faro nella nostra area dello stretto; idioma del quale finì per essere debitore anche il padre Dante, nelle cui letture si stanno impegnando in questi mesi gli allievi dei nostri corsi”. Il riferimento è al ciclo di Lecturae Dantis che si stanno svolgendo, nei mesi di luglio e agosto, nel cortile dell'Università Dante Alighieri, una delle tante iniziative in cui si sta impegnando attualmente l'Ateneo reggino, che ha ricevuto un rinnovato slancio dal decreto di Accreditamento dei Corsi di studio e della sede firmato dal Ministro Maria Chiara Carrozza il 14 giugno.

       La stretta parentela del dialetto reggino con quello siciliano emerge dalle analisi fonetiche e soprattutto morfosintattiche contenute in In Calabria dicono bella. E' importante che i giovani, consapevoli di servirsi di dialetti dalle ascendenze così illustri, rifuggano da qualsiasi vergogna nell'adoperarli. E a dover essere eliminati non sono soltanto gli atteggiamenti negativi nei confronti del dialetto; secondo la D'Agostino, un pregiudizio che il libro della Rati contribuisce a sfatare è quello per cui i giovani “parlano male”. Si tratta di un luogo comune che  compare, a volte, persino nei lavori specialistici dei linguisti: è stato scritto, per esempio, che i giovani ormai non sono più abituati a usare il congiuntivo. L'ottica sociolinguistica adottata dalla Rati aiuta a capire come il parlato abbia leggi diverse da quelle dello scritto: lo scarso uso del congiuntivo e altri “difetti” che vengono rimproverati ai giovani (reggini e non) sono in realtà caratteristiche che si trovano anche nel parlato degli adulti. L'impegno dei docenti universitari – ha sottolineato con forza la D'Agostino – è quello di insegnare agli allievi a scrivere bene, perché i ragazzi, per imparare a esprimersi in modo corretto, devono essere ben guidati. I laboratori di scrittura – attivati anche all'Università Dante Alighieri per iniziativa della Dott.ssa Rati – sono il luogo in cui i docenti possono realmente intervenire sulle abilità linguistiche dei giovani.

       Un motivo non secondario emerso dalle parole dei partecipanti all'evento è quello della necessità di un'osmosi fra attività di ricerca e attività didattica, un'esigenza che dovrebbe essere considerata ovvia nell'insegnamento universitario ma che spesso, nelle università italiane, viene disattesa. Come scrive Luca Serianni nella presentazione scritta di In Calabria dicono bella, “il lavoro costituisce un bell'esempio di simbiosi tra didattica e ricerca: Rati ha infatti potuto allestire il corpus grazie alla collaborazione attiva di un gruppo di studenti dell'Università Dante Alighieri, presso la quale svolge la sua attività didattica come ricercatrice”. Gli studenti della Dante Alighieri, coinvolti nella progettazione del volume fin dall'inizio, hanno avuto la possibilità di applicare, realizzando in prima persona le registrazioni del parlato dei loro coetanei, le nozioni di sociolinguistica apprese nel corso delle lezioni. Come ha sottolineato l'autrice, rivolgendo ai suoi allievi parole di gratitudine, i nomi degli studenti che hanno collaborato alla realizzazione dell'opera sono tutti riportati nell'Indice dei nomi: segno tangibile di come un laboratorio realizzato tra le mura universitarie si possa trasformare, quando docenti e studenti sono in grado di motivarsi a vicenda, in un'opera di taglio specialistico.

 

 

 

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